I robot ci sostituiranno nel lavoro?

I robot ci sostituiranno nel lavoro?

Martedì, 31 Gennaio 2017 11:42

 

ROBOT E LAVORO: QUALE SCENARIO?

Un grazie particolare al nostro team IT  osProject  per il supporto nella stesura dell'articolo.

Terminator

Una delle maggiori inquietudini per il futuro prossimo è l’introduzione di robot che possono sostituire l’uomo nelle sue attività, con conseguente perdita di posti di lavoro.

Uno dei primi campanelli d’allarme è stato lanciato dall’ONU attraverso l’UNCTAD, la conferenza delle Nazioni Unite su commercio e sviluppo. Ad essere a rischio sarebbero soprattutto i Paesi in via di sviluppo asiatici, africani e sudamericani. Ciò sarebbe dovuto al “reshoring”: con la globalizzazione i paesi sviluppati avevano deciso di delocalizzare la produzione in altri paesi, sfruttando alcuni vantaggi tra cui la manodopera a basso costo. Tuttavia, con l’avvento della robotizzazione, questi paesi potrebbero decidere di rimpatriare la produzione (o parte di essa) sostituendo lavoratori “low cost” con macchine tecnologicamente avanzate. I consigli che fornisce l’ONU per evitare a questi paesi la desertificazione economica (è stata profetizzata una perdita del 66% di posti di lavoro!) sono essenzialmente due:

1) abbracciare la rivoluzione digitale, partendo dalla scuola creando competenze tecniche e manageriali all’avanguardia;

2) puntare sui robot (per la serie: “se non puoi batterli, unisciti a loro”). Controintuitivo, ma efficace.

Esempio concreto è la Cina che ha risposto all’invecchiamento della popolazione e all’aumento del costo del lavoro con l’acquisto di robot industriali, più di qualsiasi altro paese (tanto che a breve potrebbe superare il Giappone come leader mondiale delle produzioni automatizzate).

LA RIVOLUZIONE È TRA NOI

Uomo-macchinaUn altro recente studio, quello del McKinsey Global Institute, rivela che a rischio (in un futuro non immediato) sono circa il 49% delle professioni attualmente svolte da esseri umani. Punto forte dello studio è il grado di granularità: non vengono prese in considerazione professioni generiche (operaio, agricoltore…), ma i singoli compiti svolti (ad esempio addetto alla tornitura, sistemista…).

Sembrerebbe fantascienza, ma nel momento in cui scriviamo tutto ciò sta già accadendo. La Foxconn, colosso cinese che fabbrica gli iPhone (ma anche componenti per Samsung, Dell, HP, Microsoft e ha da poco rilevato lo storico brand giapponese Sharp), la scorsa primavera ha annunciato un risultato storico e inquietante insieme: è riuscita a dimezzare la forza lavoro umana in una delle sue fabbriche. Di 110mila operai ne sono andati a casa 50mila… il resto è stato “soppiantato” da robot.

La FANUC, altra azienda orientale specializzata in componenti elettronici, ha annunciato di disporre di una fabbrica totalmente disumanizzata.

La stessa Amazon dispone di 300mila robot-magazzinieri (Kiva) grazie ai quali ha rivoluzionato il proprio settore (nel frattempo ha anche effettuato la prima consegna tramite drone). E così via, tra automobili a guida autonoma, assistenti “a portata di mano” (Siri, Cortana…) e sistemi automatizzati per eliminare le code alle casse dei supermercati.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: IL “NUOVO VAPORE”

L’importante precisazione che fa McKinsey è che le tecnologie e i robot possono essere in grado di rendere autonomi interi processi produttivi, ma non saranno in grado di sostituire l’uomo nell’organizzazione e la gestione del lavoro, in creatività, nei lavori in cui bisogna prendere decisioni in base a variabili imprevedibili ecc…

Ci sarà sicuramente un cambio epocale con l’introduzione dei robot nel mondo del lavoro, capaci di svolgere attività soprattutto routinarie, ma non è una novità nella storia dell’umanità.

Donna robot lavoroSi pensi alla rivoluzione portata dal vapore o l’evoluzione che ha vissuto il settore agricolo nel corso del XX secolo (nei soli Stati Uniti, nel corso del secolo scorso le occupazioni nell’agricoltura sono passate dal 40% al 2%). Come sono stati affrontati questi cambiamenti? Con lo sviluppo di nuove competenze e la nascita di nuove professioni. Due decenni fa, per esempio, ci fu il boom delle dot-com, ma chi avrebbe mai potuto immaginare un’evoluzione del web così come la viviamo oggi? Sono nate professioni esclusivamente legate al web… basti pensare ai social media e all’indotto ad essi collegato. Quindi, la perdita di posti di lavoro può essere (in buona parte) compensata dalla nascita di nuove opportunità che già stanno fiorendo a ritmo impressionante. In ambito digital c’è una miriade di nuove professioni: digital copywriter, data analyst, sviluppatori di app, big data architect, social media manager, esperti di sicurezza informatica…

La vera preoccupazione, dunque, non deve essere il numero di posti di lavoro che si perderanno o che si creeranno, ma la qualità degli stessi. L’automazione spinge una società a sviluppare nuove competenze e, quindi, ad investire in formazione, far sì che questa sia elastica e rapida per poter creare il necessario know-how, e soprattutto concentrarsi su quelle soft-skills oggi troppo sottovalutate. Lo sviluppo di competenze digital porta con sé un’attenzione particolare alla creatività, all’attitudine a rimanere sempre aggiornati, ad imparare, studiare e approfondire.

Insomma, la prospettiva più credibile per il futuro prossimo è che umani e robot lavoreranno fianco a fianco, pronti entrambi alla “Quarta Rivoluzione Industriale”.

 

 

Davide Fiore

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