Quando Laura è entrata in azienda, ha trovato una scrivania pronta, un kit di benvenuto e un'agenda già organizzata per la prima settimana.
Ricorda ancora quel gesto: il suo manager che le ha detto “Siamo felici che tu sia qui”, con una sincerità che l’ha fatta sentire subito parte di qualcosa.
Dopo un anno, con il contratto a tempo determinato in scadenza, è arrivato il momento di fermarsi e guardare avanti. È stato un incontro semplice, diretto, ma denso di significato. L’azienda ha voluto capire davvero se e come proseguire insieme, valutando il suo percorso, l’impatto che aveva avuto, le potenzialità da far crescere. Quel momento non è stato solo una formalità: è diventato il segnale chiaro che entrambe le parti stavano scegliendo di investire ancora, consapevolmente.
E quando, qualche anno dopo, Laura ha deciso di cambiare strada, l’azienda ha scelto di accompagnarla anche in quell’ultimo tratto. C’è stato un colloquio d’uscita, un grazie vero, uno scambio di impressioni che ha lasciato il posto non a un addio, ma ad un momento di crescita per entrambe le parti.
L’onboarding, il momento della valutazione (non inteso solamente come feedback) e l’uscita sono tre nodi chiave della vita lavorativa. Tre momenti di passaggio, di consapevolezza reciproca, di transizione. È proprio lì che si costruisce, o si perde, la relazione tra l’azienda e le sue persone.
Onboarding: l’importanza dell’inizio
Il primo giorno in azienda non è solo un momento operativo: è un messaggio.
Dice chi sei come organizzazione, quanto sei preparata ad accogliere e quanto davvero vuoi che quella persona ci sia.
Cosa non fare?
Se l'onboarding è un pensiero dell’ultimo minuto, si sente. Una postazione improvvisata, strumenti mancanti, accessi che arrivano in ritardo.
Il responsabile che “non poteva esserci” e nessuno che si prende davvero il tempo per spiegare cosa succede ora. Non è solo una questione logistica: è un messaggio, appunto. E quel messaggio dice che forse, l’arrivo di quella persona non era così tanto voluto. Da lì nascono i dubbi, la fatica a capire cosa fare, a chi chiedere, come comportarsi. E spesso, quel senso di spaesamento resta silenzioso ma presente, anche molto tempo dopo.
Cosa fare?
Fare davvero onboarding significa prepararsi.
Significa far trovare tutto pronto: una scrivania che aspetta, un kit che racconta l’azienda, un'agenda chiara per i primi giorni, qualcuno che accompagna davvero il nuovo membro del team. Significa offrire contesto e non solo compiti. È raccontare non solo il cosa, ma il perché. È prendersi cura del primo impatto e poi continuare ad esserci: con un check dopo qualche giorno, un confronto dopo un mese, un’occasione per chiedere “come va?” e ascoltare davvero la risposta. Così si costruisce un senso di appartenenza che non è solo funzionale, ma emotivo.
I vantaggi
Un onboarding curato non è solo una questione di cortesia: è una strategia che accelera l’integrazione, rafforza l’engagement e riduce il rischio di turnover precoce. Quando una persona si sente accolta e supportata fin dal primo giorno, entra più rapidamente nel ruolo, comprende meglio le aspettative e sviluppa un senso di appartenenza che la motiva a dare il meglio.
Inoltre, un'esperienza iniziale positiva si trasforma in una narrazione potente: i nuovi assunti condividono le loro impressioni con colleghi, amici e reti professionali, contribuendo a costruire una reputazione aziendale solida e attrattiva. In un mercato competitivo, dove il passaparola conta, un onboarding efficace diventa un vantaggio competitivo.
Valutazione: il momento delle scelte condivise
In ogni percorso lavorativo arrivano momenti in cui si ridefiniscono le condizioni del rapporto: un passaggio da un contratto determinato a uno stabile, un cambiamento di ruolo, una promozione. Sono transizioni delicate, che richiedono chiarezza, ascolto e intenzione condivisa.
Queste valutazioni ad eventi sono momenti di riflessione e confronto, in cui l’azienda verifica se il percorso fin qui fatto è allineato con le aspettative e i bisogni di entrambe le parti. Non si tratta solo di giudicare il lavoro svolto, ma di capire se quel talento, quella competenza, quella persona è pronta e motivata per una nuova fase, più stabile e coinvolgente.
Cosa non fare?
Non ridurre la valutazione a un mero passaggio formale o a un appuntamento frettoloso, senza un reale dialogo.
Evita di comunicare la decisione senza spiegazioni chiare o senza motivare i criteri adottati, perché questo genera insicurezza e sfiducia. Non trascurare il punto di vista del collaboratore, né ignorare i suoi dubbi o esigenze: una comunicazione unilaterale rischia di compromettere il rapporto e la motivazione.
Evita giudizi generici o vaghi e non aspettarti che la valutazione sia l’unico momento di confronto sul percorso lavorativo: è importante che questa sia parte di un dialogo continuo e supportivo.
Cosa fare?
Innanzitutto, è importante preparare con anticipo tutti i dati e i feedback raccolti sul percorso della persona: risultati raggiunti, competenze dimostrate, eventuali aree di miglioramento.
Durante la valutazione, dedica tempo a spiegare con chiarezza i criteri con cui l’azienda valuta il passaggio contrattuale e illustra come il suo lavoro è stato osservato rispetto a questi criteri. Fai domande aperte per capire il suo punto di vista, ascolta le sue aspettative e considera eventuali dubbi o esigenze. Infine, chiarisci quali saranno i prossimi passi, i tempi previsti e come potrà continuare a crescere all’interno dell’azienda.
I vantaggi
Valutare nel modo giusto rende le transizioni più fluide e rafforza la relazione tra le persone e l’organizzazione. Una buona valutazione evolutiva aiuta a trattenere i talenti, a costruire percorsi di crescita credibili e a mantenere alta la motivazione.
Exit interview: perché ascoltare chi se ne va migliora la tua azienda?
Le transizioni non si fermano all’ingresso o al cambiamento interno: anche l’uscita merita attenzione. Quando una persona decide di lasciare, non è un fallimento da nascondere, ma un’opportunità di apprendimento da cogliere.
Le persone non sono proprietà dell’azienda. Entrano, contribuiscono, poi, a volte, se ne vanno.
Il modo in cui li accompagni fuori dice moltissimo su chi sei, come datore di lavoro e come cultura aziendale.
Cosa non fare?
Ignorare chi se ne va è un’occasione persa.
Quando una persona comunica la sua decisione, troppo spesso le aziende si chiudono in un gesto frettoloso: una mail automatica, un addio rapido, e avanti il prossimo. Poche aziende chiedono davvero perché, o si fermano a riflettere sui propri punti di miglioramento.
Così facendo si perdono informazioni preziose: cosa non ha funzionato? Cosa poteva essere fatto meglio?
E si chiude la porta a chi, magari un giorno, sarebbe tornato. Perché il modo in cui si esce da un posto resta nella memoria e anche nelle conversazioni future.
Cosa fare?
Salutare bene è un atto di rispetto e di intelligenza.
Significa prendersi il tempo per un colloquio in uscita fatto con cura. Significa ringraziare con sincerità per il percorso condiviso e raccogliere feedback sinceri, non per difendersi, ma per capire. È accompagnare nella transizione, facilitare il passaggio di consegne, valorizzare ciò che è stato costruito. E infine, è lasciare una porta aperta. Perché una buona uscita può diventare il primo passo di un possibile ritorno, o almeno un racconto positivo che continuerà altrove.
I vantaggi
Gestire con attenzione l'uscita di un dipendente è un gesto di rispetto che offre preziose opportunità di apprendimento. Le exit interview ben strutturate permettono di raccogliere feedback sinceri, identificare aree di miglioramento e comprendere le motivazioni che portano alla decisione di lasciare l'azienda.
Queste informazioni sono fondamentali per sviluppare strategie volte a migliorare l'ambiente di lavoro, ridurre il turnover e rafforzare l'employer branding. Inoltre, un'uscita gestita con professionalità e umanità lascia una porta aperta per future collaborazioni e trasforma gli ex dipendenti in ambasciatori positivi dell'azienda.
Se hai interesse ad approfondire questi aspetto appartenenti all’employer journey, mercoledì 25 giugno dalle 10:00 alle 12:00 avrai la possibilità di partecipare al nostro HR Unplugged dedicato interamente all’onboarding, alla valutazione del dipendente fino ad arrivare all’exit interview. L’evento è gratuito, ti servirà solamente iscriverti!