Le attività umane sono sistemi ma noi ci concentriamo su istantanee di parti del sistema: poi ci domandiamo perché i nostri problemi non si risolvono mai.
- P. Senge -
C’è poco da fare, se sei martello tendi a vedere tutto come un chiodo: è il dilemma del punto di vista, una condizione che tradisce spesso la nostra impreparazione o la nostra parzialità.
Un umanista, per esempio, osserverebbe un’azienda mettendo al centro l’ambiente, le persone, la loro unicità e le relazioni che le legano; riconoscerebbe alla variabilissima componente umana un preponderante peso specifico e così farebbe anche riguardo i processi di evoluzione e crescita sia del gruppo che dei singoli. Indagherebbe lo stato emotivo, quello energetico, l’aderenza delle capacità di ciascuno ai compiti assegnatigli e il conseguente livello di soddisfazione.
Al contrario, un analista (nelle sue diverse “declinazioni“) costruirebbe matrici, grafici, individuerebbe scostamenti, cercherebbe tendenze, racconterebbe l’andamento e la storia aziendali vestendoli di curve e diagrammi, inseguirebbe le componenti molecolari dei comportamenti complessi, isolerebbe i sottoinsiemi dei più ampi processi del sistema, traccerebbe rigorose linee di collegamento tra cause ed effetti atomici e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta…
Chi tra i due ha ragione o torto?
La risposta è molto facile: nessuno, perché la domanda è mal posta.
METTIAMOLI D’ACCORDO
Pur confessando la mia ascendenza umanistica, do da sempre dell’azienda una definizione piuttosto tecnica e apparentemente “meccanica”:
l’azienda è un organo di trasformazione poiché converte le Risorse in Risultati
[a dirla tutta devo ammettere di farmi bello con i meriti degli altri poiché questa concettualizzazione - che NON è una “semplificazione”, anzi - è dovuta a Robert R. Blake, un teorico americano del management che insieme con Jane S. Mouton è ideatore dell’ottimo Managerial Grid]
Uno dei contributi più notevoli di tale interpretazione risiede nella sua capacità di far andare d’amore e d’accordo l’umanista con il matematico, di farli cenare insieme la sera prima e vederli ansiosi di incontrarsi subito il mattino dopo a colazione per continuare a lavorare insieme. Perché?
La trasformazione di Risorse in Risultati è possibile solo grazie alla collaborazione delle persone che compongono il gruppo, cioè per merito del fatto che esse possono interagire (e qui l’umanista gongola).
L’immagine che uso di solito per provare la bontà del principio è quella di un’azienda i cui componenti lavorassero isolati in stanze monoposto prive di finestre, di telefono, fax, computer, internet e senza poter usare il cellulare, insomma senza alcun modo di relazionarsi; ebbene, se anche questa volta il trucco narrativo ha funzionato, dovrebbe esserti chiaro che la vita residua di una surreale azienda così costituita sarebbe misurabile con un timer per le uova!
Ora, se risorse e risultati sono grandezze che si prestano a essere calcolate, comprese, raccontate, e modulate attraverso i numeri - e qui a festeggiare è l’analista - a chi tocca rendervi compatibili le relazioni, cioè quelle sfuggenti alchimie umane che trasformano le prime nei secondi e senza le quali… hai voglia tu a scrivere numeri?!
QUESTIONE DI LINGUAGGIO
Se in un’ipotetica espressione
(a) Risorse ⇢ Relazioni ⇢ Risultati
convivono bellamente grandezze disomogenee, allora viene da pensare che dovrà pur esistere un linguaggio comune tramite il quale si parlano, una Stele di Rosetta che permetta l’interpretazione dell’una nell’altra, che renda possibile il fluire bidirezionale di informazioni utili e utilizzabili!
Sì, in effetti c’è, ma è necessario che i due nostri eroi, l’analista e l’umanista, ne facciano un pacifico uso condiviso, entrambi scevri da manie di protagonismo.
Sto parlando di (una ben strutturata) Business Intelligence.
UN PO’ DI BUSINESS INTELLIGENCE SENZA COMPLICARSI LA VITA
C’è un gran fermento intorno al tema della Business Intelligence e, come spesso accade, fioriscono scuole di pensiero diverse su come progettarla, strutturarla e utilizzarne le relative soluzioni.
Non sta a me eleggere quale sia migliore tra l’una e l’altra - e comunque il pulpito sarebbe sospetto - ma preferisco provare a trasmetterti l’importanza di prendere in seria e immediata considerazione l’idea di dotartene il prima possibile; solo dopo ti sarà utile cercare qualcuno cui affidarti per realizzarla.
Vediamo se ci riesco.
Se ti interessassi a questo tema scopriresti probabilmente diverse formulazioni e sigle: Business Intelligence, Business Analitycs, Data Analitycs, Data Mining, Big Data ecc.
Non tutte sono sovrapponibili le une alle altre, nel senso che ciascuna richiama ambiti e modalità contigui e complementari, non solo in termini di sintesi, di query, di multidimensionalità, di reporting, di ‘cruscotti’ ecc., ma anche di finalità. Alcune si riferiscono ad analisi correnti del presente o del passato, altre a proiezioni strategiche future; le funzioni aziendali prese in esame sono le più diverse, dall’amministrazione alla produzione, dalle supply chain al marketing, dalle vendite alla finanza, dal customer service alla gestione del rischio e così via.
Sia come sia, perché la Business Intelligence dovrebbe essere il comune denominatore tra quelle grandezze? E perché affiancarla, nello stesso articolo, alla Cultura Organizzativa?
La mia tesi è che, sistemicamente parlando, la seconda è una imprescindibile “proprietà emergente del sistema” e la prima ne è un possibile metodo di indagine.
Lo so, a questo punto mi tocca dare un paio di definizioni.
DEFINIZIONE DI SISTEMA
Entità che perpetua la propria esistenza grazie alla relazione e alla interazione tra le parti che la compongono.
Ehi ma… questa è anche la definizione di “Azienda” come organismo di trasformazione!
Fa un po’ riflettere...
DEFINIZIONE DI “PROPRIETÀ EMERGENTE”
La proprietà emergente di un sistema è una proprietà esclusiva del sistema nel suo complesso, è una caratteristica che nessuno dei suoi componenti, singolarmente preso, possiede.
Pensa a un elettrodomestico, per es. un frigorifero: nessuno dei suoi componenti ha la capacità di conservare i cibi ma, presi tutti insieme e in una specifica rete di “relazioni”, fanno emergere la “nuova capacità”.
Di fatto, una proprietà emergente, è il risultato delle relazioni tra le parti.
Continueremo il discorso nel prossimo articolo e scopriremo come entra in gioco la Cultura Organizzativa e come la Business Intelligence, utilizzata con procedimenti sistemici, permette di avere una visione più ampia di quel complesso Sistema chiamato Azienda.
Founder di Neorema Sistemi, Cofounder presso LATERALCODE e Chief Culture Officer presso Terasoft