Lo Smart Working è morto?

Lo Smart Working è morto?

Mercoledì, 08 Marzo 2023 10:38

 

Lo Smart Working è morto?

Disclaimer: in questa sede non ci interessa tanto discutere delle differenze tra Smart Working e le modalità ibride che vanno per la maggiore, ma dello stato di salute dello Smart Working, inteso in senso ampio.

Mentre in Italia arriva (a fatica), con il Decreto Milleproroghe, la proroga fino a fine giugno dello Smart Working per i lavoratori genitori di figli under 14 e per soggetti fragili, negli Stati Uniti e nel resto d’Europa il lavoro da remoto è ormai una realtà consolidata. Lo Smart Working non è solo legato alla pandemia, ma ad un nuovo modello organizzativo messo in pratica per i noti motivi (produttività, worklife balance, sostenibilità…), ma anche per arginare il fenomeno delle Grandi Dimissioni. I lavoratori sentono di non poter più fare a meno di flessibilità oraria e autonomia nella scelta dello spazio di lavoro.

Nel frattempo, Paesi lontani (Islanda, Nuova Zelanda) e vicini (Belgio, Regno Unito, Germania e Spagna) riflettono concretamente sull’idea di introdurre la settimana corta dopo gli esperimenti positivi di orario ridotto.

Insomma, siamo ancora costretti “ad inseguire”.

Ma come? Lo Smart Working non doveva essere una realtà consolidata anche post Covid?

 

Noi e lo Smart Working

smart working opportunitNel 2023 ormai tutti sanno cos’è lo Smart Working. Anche i nostri nonni.

Per arrivare a questo punto abbiamo dovuto attraversare la pandemia COVID-19 e vedere esplodere questa innovativa modalità lavorativa tanto da diventare un trend sulla bocca di tutti, dai social a Google fino ai telegiornali.

A fine 2020, con il lockdown alle spalle, avevamo deciso di prendere tutti i dati a disposizione sull’andamento dello Smart Working in Italia per capire quanto si fosse diffuso, cosa stava cambiando con l’allentamento delle restrizioni delle prime “Fasi”, e scriverci su un articolo. Il titolo è emblematico: Smart Working, opportunità parzialmente colta.

In Terasoft siamo promotori dello Smart Working. Ne parlavamo già nel 2016 (Smart Working: il mondo è il tuo ufficio), lo abbiamo adottato con successo sin dal lockdown e lo abbiamo regolarizzato un anno fa attraverso accordi individuali e un ripensamento delle logiche e del modello organizzativo e strutturale.

Promuoviamo questa modalità presso i nostri clienti e li abbiamo aiutati a metterlo in pratica in maniera efficace grazie anche al software ZWorkspace, che utilizziamo anche noi per la prenotazione di postazioni e sale riunioni.

Rileggere oggi quell’articolo del 2020 ci colpisce. Emergono diversi spunti e diversi paragrafi in particolar modo questo passaggio:

Se non colpisce il dato che il 46,9% delle aziende ritiene necessaria la presenza per poter svolgere l’attività quotidiana […] è molto più significativo quel 27% che ritiene di non essere sufficientemente attrezzato per poter organizzare le attività in modalità smart, o quel 22,4% che dichiara di voler controllare meglio i propri dipendenti."

Se anche tu la pensi in questo modo DEVI iscriverti al nostro corso di formazione dedicato all’HCM (Human Capital Management) che partirà il 23 marzo 2023: insieme ad argomenti come il recruiting, la formazione e la mappatura delle competenze, affronteremo anche la tematica dell’organizzazione aziendale e dello Smart Working. Siamo certi che alla fine del corso avrai una visione completamente nuova e rinnovata dell'organizzazione aziendale. Il corso ha un taglio molto pratico (ai webinar saranno affiancati workshop per mostrare “come fare per”) e ospiterà come relatori diversi professionisti del mondo HR. Trovi tutte le informazioni alla pagina dedicata https://terasoftsrl.whiterabbitsuite.com/landing/corsohcm

corso hcm


Se invece sei tra quelli che restano indignati a leggere frasi come la seguente: “Secondo la stessa ricerca, anche a fronte dell’attuale aggravarsi dell’emergenza sanitaria, ben il 57% degli intervistati, avrebbe fatto di tutto per tenere i propri lavoratori in sede” allora il nostro corso ti aiuterà a sviluppare ulteriormente una visione moderna dell’organizzazione aziendale, affrontare “tematiche calde” come lo sviluppo e il benessere dei lavoratori e a capire come innovare i processi HR.

 

Lo Smart Working non decolla più?

Smart working beneficiInsomma, emergevano già allora in maniera forte e netta, le difficoltà organizzative e le barriere culturali che caratterizzano le aziende italiane, soprattutto le PMI.
Quando diciamo “I lavoratori sentono di non poter più fare a meno di flessibilità oraria e autonomia nella scelta dello spazio di lavoro” ci riferiamo ovviamente anche ai lavoratori italiani. Lo dimostra anche il fatto che ai colloqui di selezione, la domanda che viene posta più spesso dai candidati all’azienda selezionatrice è: “Fate Smart Working?

Vediamo adesso qualche dato aggiornato per capire se il vento, nel frattempo, è cambiato.


Ebbene, secondo le stime per il 2023 dell’Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), usufruisce dello Smart Working/lavoro ibrido 1 occupato su 6. Poco più del 15%. Sempre secondo questa ricerca, almeno il 40% dei lavoratori italiani potrebbe usufruire dello Smart Working.

Siamo lontanissimi.

Nel 2019 il lavoro agile era utilizzato da poco più di 500.000 persone, mentre nel 2020 si è registrato il picco di 6,5 milioni, scesi a 5 milioni nel 2021 e ai 3,57 milioni registrati a fine 2022. Un trend in netto calo. 

La pandemia non è stato il volano dello smart working come si pensava. E’ come se durante la pandemia avessimo vissuto in una bolla e il ritorno alla “normalità” stesse vanificando le potenzialità dello Smart Working. Nell’articolo di 3 anni fa abbiamo dichiarato senza giri di parole che “Lo Smart Working ha salvato l’economia italiana”. 15 anni prima sarebbe stata una catastrofe.

Riportiamo parte di un'intervista a Stefano Zamagni, professore di Economia Politica all'Università di Bologna, che ha spiegato che il «lavoro agile non è altro che il superamento del metodo taylorista, ossia di una metodologia di lavoro, basata sul principio gerarchico, secondo il quale chi ha la proprietà dei mezzi di produzione dell’azienda assume il ruolo di decisore assoluto e indiscutibile. Oggi un’azienda, per continuare ad essere competitiva, non può più strutturare la propria organizzazione attorno a un principio gerarchico e di controllo, ma deve adottare il modello olocratico, incentrato sulla fiducia, in cui tutti i dipendenti sono chiamati a contribuire in ottica di co-progettazione e co-programmazione». 

 

Eppur si muove 

s supersmartEppur si muove” direbbe qualcuno. Sì, perché se è vero che siamo passati dai 6,5mln di smart worker del 2020 ai 3,57mln attuali, è anche vero che si prevede un incremento annuo per gli anni a venire del 5%. Non è tanto, ma può essere un segnale importante. Un nuovo paradigma che sta prendendo piede, una rinnovata consapevolezza.

Quindi il nostro eroe, il nostro Smart Working, nonostante le difficoltà e le resistenze, non è morto ed è pronto a sfoggiare di nuovo la sua S. Ed è un bene, anche in virtù del periodo storico nel quale viviamo.

Secondo i risultati della ricerca 2022 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, un lavoratore che lavora 2 volte a settimana da remoto, risparmia in media 1.000 € all’anno. E le aziende? Il risparmio è di circa 500 € l’anno per ciascuna postazione. Il risparmio lievita fino a 2.500 € l’anno a lavoratore se l’impresa decide di intervenire sugli spazi aziendali riducendoli del 30% o ottimizzandoli. Noi, e molti dei nostri clienti, con ZWorkspace abbiamo ottimizzato gli spazi di lavoro.

C’è da considerare poi che nelle imprese dove si adotta lo Smart Working si registra un aumento della produttività e del benessere dei dipendenti (riduzione dell’assenteismo, worklife balance e meno stress lavoro correlato).

Ultimo, ma non ultimo, in un’epoca in cui la nostra quotidianità DEVE svilupparsi all’insegna della sostenibilità, ci sono anche i vantaggi a livello ambientale. È stata calcolata una riduzione di circa 450Kg di CO2 annui a persona (considerando i mancati spostamenti, la riduzione delle emissioni nelle sedi delle aziende e il conteggio di quelle addizionali dovute al lavoro dalla propria abitazione). È un dato importante.

Se consideriamo gli attuali 3,57 milioni di smart worker, l’impatto è pari a 1.500.000 tonnellate annue di CO2 in meno. Ci vorrebbe un bosco grande 4 volte il comune di Milano per assorbire una tale quantità di CO2 all’anno (un ettaro di bosco assorbe circa 22 tonnellate di CO2 all’anno).

Alla luce di tutto ciò, oggi la domanda che le organizzazioni in tutto il mondo si pongono non è più “È possibile includere lo smart working?”, ma piuttosto “È possibile pensare di non fare Smart Working?”.

 

E tu da che parte stai? Secondo te oggi è possibile pensare di non prevedere lo Smart Working?

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